Titanic e Andrea Doria: quelle due fatali virate a sinistra

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Cinquantotto anni fa, il 25 luglio 1956,  affondava l’ammiraglia italiana Andrea Doria, speronata a morte, a tribordo, dalla svedese rompighiaccio Stockholm.  Il 14 Aprile 1912, alle ore 23.40, il più famoso transatlantico di sempre, Il Titanic, entra in una fatale rotta di collisione con un iceberg nel bel mezzo dell’Atlantico.

L’Atlantico, questa distesa immensa e misteriosa di oceano nero, dalle onde furiose ed instabili, quelle due notti, a distanza di 44 anni,  s’inghiottì due navi che sono state entrambe il simbolo dell’alta società dell’epoca.

L’Atlantico, in quelle due notti dell’affondamento, però, era calmo, liscio come una tavola, un mare amico che mai avrebbe fatto pensare alla tragedia.

L’Andrea Doria è ormai vicina alla costa Americana, al largo di Boston, nei pressi dell’isola di Nantuket, il Comandante Piero Calamai avvista sul radar una nave che viaggia in posizione parallela con rotta inversa: i suoi calcoli sono esatti, La Stockholm sta viaggiando verso la Svezia in direzione opposta, si affiancheranno ma fra loro ci sarà almeno un miglio di oceano a dividerle. Ma qualcosa va storto, La Stockholm vira improvvisamente a destra ed entra in rotta di collisione con l’Andrea Doria. Il Comandante e il primo ufficiale possono vedere chiaramente le luci verdi e rosse della nave spuntare come spettri fra le nebbia, che ha prua rinforzata d’acciaio puntata dritta verso di loro.

“Tutta la barra a babordo!” ordina, e il timoniere con mani tremanti ma salde, riesce a fare virare la nave a sinistra, in un disperato tentativo di evitare il fatale impatto.

“Tutta la barra a babordo!”, ordina il primo ufficiale Murdoch, negli occhi il riflesso infernale di un iceberg dritto di prora al Titanic.

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Entrambe le navi hanno virato a sinistra, entrambe le manovre sono state calcolate in maniera esatta per evitare un impatto frontale di prua che avrebbe certamente fatto affondare le navi.

Ciononostante entrambe le navi giacciono in fondo all’Atlantico, colpite a morte sul fianco destro.

L’impatto dell’Andrea Doria è stato fortissimo, la nave ha imbarcato qualcosa come 500 tonnellate di acqua, che l’hanno resa instabile, e si è piegata sul fianco destro fin da subito di 15 gradi, per poi inabissarsi dopo 11 ore di agonia.

L’iceberg colpì il Titanic a dritta, un colpo percepito dai passeggeri come ovattato, quasi una vibrazione, la nave continuò a navigare per alcuni minuti per poi fermarsi per sempre nel punto in cui venne risucchiata dalle fredde acque dell’Atlantico.

E se i comandanti avessero ordinato di non virare a sinistra, cosa sarebbe successo? Avrebbero potuto stare a galla e continuare a navigare con la prua sfondata? Si sarebbe potuto evitare il disastro?

Forse si. La prua della Stockholm si è completamente distrutta nell’impatto con l’Andrea Doria, ciononostante è riuscita a navigare ed è rimasta a galla, arrivando a New York il giorno dopo.

Sul Titanic persero la vita 1518 persone (su 2223), è la storia della più grande tragedia in mare mai raccontata;  nell’impatto fra l’Andrea Doria e la Stockholm persero la vita 51 persone, e il disastro viene ricordato invece come una delle più grandi operazioni di salvataggio della storia, furono salvate dalle acque dell’Atlantico 1660 persone.

Entrambi i comandanti rimasero eroicamente sulla nave fino all’ultimo momento. (qualcuno lo dica a Schettino).

Il capitano del Titanic, E.J. Smith, affondò insieme alla sua nave, diventando così parte della leggenda: il viaggio inaugurale del Titanic doveva essere il suo ultimo viaggio prima di andare in pensione.

Il capitano dell’Andrea Doria, Piero Calamai, rimase sulla nave inclinata pericolosamente di 45 gradi,  quando ormai tutti i passeggeri erano stati portati al sicuro.

Si rifiutò di mettersi in salvo, furono gli ufficiali che lo convinsero lasciare la nave per salvarsi la vita.

Quello che rimane è il ricordo delle persone sopravvissute.

Il ricordo di un suono, di un cuore che batte, delle urla, dell’orchestra che ha suonato fino all’ultimo, Arrivederci Roma, delle scialuppe della salvezza.

E poi rimane tutto il mistero, quello che non verrà mai alla luce, conservato gelosamente fra le braccia scure e fredde dell’oceano Atlantico.

 

 

 

 

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