Tempo di lettura: 5 minutiSono uscita dal cinema da qualche ora, sono frastornata, tornando a casa ho ascoltato ovviamente i Queen, a palla, sulla mia auto.
La prima volta che ho visto il trailer di questo film ho pensato: “speriamo che lo facciano coscienziosamente“, perchè quando si parla di pietre miliari della musica come Freddie Mercury a fare una una cagata ci vuole meno di un attimo. Più si avvicinava la data di uscita in Italia, visto che mi sono persa l’anteprima del 23 Ottobre, più vivevo con l’ansia, e stasera, ho saltato anche un appuntamento importante per correre da Freddie.
Seduta sulla poltrona, pop corn in mano, tremavo. Pensavo a tutte le recensioni che ho letto in questi mesi, pensavo che i Queen sono stati una delle colonne sonore della mia vita. Pensavo a quando li ho visti live a Milano, senza Freddie, ma con Paul Rodgers, e sono restata tutto il tempo con lo sguardo incollato a Bryan May e Roger Taylor pensando che fossero un ologramma.
Quando è partita la prima scena, con Freddie di spalle che sta per salire sul palco del Live Aid, mi sono in parte tranquillizzata. Almeno gli assomiglia, mi son detta.
Rami Malek, in effetti, ha fatto un lavoro straordinario. A parte la somiglianza fisica data da trucco e parrucco cinematografico, ma le gestualità e soprattutto lo sguardo, sono frutto di un certo durissimo lavoro. Lo sguardo, poi. Chi conosce Freddie Mercury, chi ha guardato le sue foto fino a farsi male agli occhi, sa che in uno sguardo profondo come quello di Freddie ci si può perdere. Ecco, nei primi piani di Rami Malek, ho rivisto quasi lo stesso sguardo, ho provato un brivido.
Il film si apre nella Londra degli anni 70, i Queen si incontrano, formano la band e vanno subito forte, arriva il primo contratto, il primo tour. Davvero godibili i costumi, la somiglianza di ogni membro della band con l’originale è strabiliante, molto piacevole, anche se all’inizio ho trovato Freddie leggermente caricaturale. Sappiamo tutti quanto fosse sicuro di sé, sicuro che sarebbe diventato una leggenda, ma nel film, mi è apparso davvero un po’ troppo sicuro, non così credibile. Tutta la prima parte del film mi è sembrata un po’ lenta, tranne le scene in studio e tutta la parte cantata, che, mio parere da cineasta che di cinema non sa nulla, arrivano a toccare davvero il sublime. La concezione della canzone Bohemian Rhapsody, quel pianoforte che ti schiaffeggia all’improvviso, come la melodia che si insinua nel cervello di Freddie, il come ha dovuto lottare per proporre quel pezzo rock con una parte orchestrale e sinfonica della spropositata durata di 6 minuti. Ma alla fine, ha avuto ragione lui.
Molto soft e delicato tutto il rapporto con Mary Austin, amica, “moglie”, amante, la donna che Freddie ha amato per tutta la sua vita e che era al suo fianco il 24 Novembre del 1991, quando è mancato. La creazione della canzone “Love of my Life”, personalmente il mio pezzo preferito della discografia dei Queen, dedicata proprio a lei: sentirla cantare a cappella, mi ha dato un brivido al cuore.
Capiamo che si chiude il capitolo anni ’70, quando improvvisamente Rami Malek si taglia capelli, toglie le tutine aderenti e appare sbarbato, con gli occhi grandi, due baffoni neri e i jeans a vita alta. Siamo nei primi anni ’80. La parte dissoluta della vita di Freddie, quella delle feste, delle orge, della cocaina; a gran voce hanno detto che questo film è stato attentamente ripulito, che è stato reso accettabile anche per i dodicenni. Beh, io dico. E’ vero. Tutta quella parte è molto soft. Ma dico anche, su che cosa vogliamo mettere l’attenzione? Che cosa diavolo ce ne frega della sua vita privata, dissoluta o no che fosse stata? A mio parere la pellicola scorre benissimo, è vero gli accenni sono forse un po’ troppo leggeri, ma è anche vero che è impossibile fare entrare in un ora e mezza tutta la vita di Freddie Mercury. Porre l’attenzione solo su quegli aspetti, adesso che ho visto tutto il film, dico che sarebbe stato inutile al fine del film stesso. Per cosa? Per soddisfare i morbosi? Va bene così, meglio la musica, meglio i sentimenti e la storia dei Queen.
Che, come tutte le grandi famiglie, hanno litigato, si sono separati, hanno preso grandi periodi di pausa. Si vede anche questo aspetto nel film, anche se è stato pesantemente criticato dai fan che dicono che non è vero, o meglio, che non è proprio così come si vede nel film. Che sia vero o meno, non importa, che abbiano condensato i litigi di vent’anni di carriera in una sola scena, va benissimo perché quella è, a mio parere, una delle scene più belle del film. Il litigio e poi la rappacificazione, con un Freddie Mercury che si è ripulito, che ha voglia di ricominciare, ma che è già malato.
Tutto il suo dolore per quella malattia, l’AIDS, che lo ucciderà si vede nel film con una serie di scene dedicate alle prove del Live Aid, dove sue corde vocali lo stanno abbandonando, non funzionano più come lui vorrebbe. La sua ironia in una frase “ora mi occupo di queste troiette delle mie corde vocali e ricomiciamo“. Tutta la sua forza e la sua bontà animo si vede nell’abbraccio storico fra lui e la sua band, la sua famiglia.
E poi, il gran finale, venti minuti di puro godimento dove viene ricostruita la performance dei Queen al Live Aid (1985). Qui non si ha proprio nulla da ridire. Ti viene solamente da cominciare a saltare sulla sedia, a cantare, ad urlare, perchè sembra davvero che siano i Queen quelli sullo schermo. Rami Malek ha raggiunto davvero il il celestiale, il mirabile, l’eccelso.
Nemmeno il finale delude e tu rimani lì, incollato alla sedia, mentre scorrono i titoli di coda e stai ancora cantando “Don’t stop me, now” con le lacrime agli occhi.
Andatelo a vedere, Bohemian Rhapsody. Che siate fan dei Queen o che non lo siate, che sappiate tutto di Freddie Mercury o non sappiate proprio nulla. Questo film vi farà sentire parte della storia, parte di qualcosa di più grande, di qualcosa che si può solo raccontare attraverso la musica.
Quella dei Queen.
© 2018, Alessandra Gianoglio. All rights reserved.
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