Il punto è che ho visto i Muse 14 volte dal vivo. In dieci anni, certo. Ma è diventata una sorta di dipendenza, una chiamata, un appuntamento fisso. Almeno una volta l’anno, senza vedere il nanerottolo (Matt), il bambolotto (Dom) e il figo della situazione (Chris) io non ci so stare. Poi succede che esce l’album nuovo e quasi dai di testa, ci sarà il tour, ti ripeti, ti ripeti. ti ripeti, e finalmente le date del tour escono, e senza aspettare un secondo hai già in mano due biglietti per due date diverse, 12 e 13 luglio allo stadio San Siro di Milano.
Un posto che rappresenta le direzioni musicali che hanno segnato la mia vita. Per primo Michael Jackson, che ho visto live nel Giugno del 1997, e tredici anni dopo, nello stesso luogo, nel giugno del 2010, ho visto per la terza volta i Muse.
I Muse ritornano a San Siro.
Sono felice per tutto ciò che lo stadio rappresenta per me, ma non entusiasta. Vedere un concerto in una venue così enorme è una levataccia, con il tempo ho imparato ad apprezzare le arene più piccole, al chiuso, dove tutto è ricoperto da una sorta di intimità.
Ma i Muse, sobri come sempre, quest’anno vogliono fare le cose in grande, e si va a San Siro, allora, per vedere il Simulation Theory tour. L’album mi è piaciuto, dal mio punto di vista i ragazzi hanno trovato finalmente una direzione più netta, dopo gli insipidi The Second Law e Drones, ma non mi dilungo sull’album, ho espresso la mia opinione in proposito qui: Recensione Simulation Theory Muse per Extra! Music Magazine.
Ho scelto di fare due date, perchè generalmente mi piace osservare il concerto da punti di vista differenti: questa volta primo anello e poi parterre.
Il 12 Luglio, quindi, primo anello verde, ma eravamo davvero troppo laterali (lato Matt) e abbiamo perso quasi tutto quello che veniva proiettato (parte integrante del tour per lo storytelling delle canzoni). Eravamo fuori dal cono sonoro delle casse, per cui si sentiva divinamente la voce di Matt e la batteria di Dom, ma le chitarre erano del tutto tagliate. La visione migliore si ha certamente, per questo concerto, dalle tribune centrali.
La seconda sera, dal parterre, in transenna sotto la piattaforma al fondo della passerella, tutto si è ridimensionato: ancora una volta ho potuto vedere le righe sui pantaloni di Matt (che usa spesso gli stessi, cambiando colore) e il dettaglio delle sue smorfie, e quel suo sorrisetto da manigoldo; e poi, se hai i tre Muse così vicini, ti concentri su di loro: dopo quattordici concerti, è ovvio che gli guardi la ruga, il disegno della maglia, le scarpe, le dita sulle corde della chitarra o del basso, e ti guardi proprio bene Chris, ma proprio bene, nel dettaglio e non senti nemmeno più la canzone che stanno suonando, e poi arriva Dom, di rosso vestito, col taglio di capelli tattico, cavolo è invecchiato un po’, pensi, ma lui è come il vino, invecchiando migliora.
Poi i tre Muse ritornano sul main stage, e ti ricordi che sei ad un concerto dei Muse, e allora guardi il maxi schermo, e dici “ecchecavolo che figata”.
I Muse vanno visti live. Perchè una vera rock band dà sempre il meglio di sè, dal vivo.
Anche nel caso dei Muse, ecco perchè dopo quattordici volte vuoi continuare ad andare, e non sai quando ti fermerai. Ogni volta è un’esperienza diversa, perchè i Muse nel frattempo sono cresciuti, sono migliorati, e anche sei hai ascoltato quattordici volte Knights of Cydonia riesci ad ascoltare sempre qualcosa che non avevi mai sentito prima. Un virtuosismo. Un particolare. Un movimento.
Le nuove canzoni dal vivo sono spettacolari: The Dark Side, Thoungt Contagion, Pressure, Algorithm, Propaganda. I Muse sono una band che non si improvvisa più ( è forse un peccato) ma che da il massimo su ogni pezzo, che si migliora live dopo live.
I pezzi vecchi? Mancano come il sale nella minestra. C’è qualcosa, sì, ma nulla sarà mai come prima. L’eccitazione aspettando New Born, quando Matt la faceva durare otto minuti. Il pianoforte lacerante di Sunburn. La chitarra acustica di Unintended. Quando ti si rivoltavano anche i calzini appena partiva il basso di Stockholme.
Ma ciononostante, l’estasi rimane.
I Muse sono diventati una band enorme, ed è giusto che facciano live degni di quello che sono diventati. Poi loro un po’ grandosi lo sono sempre stati, ma proprio nel DNA, e allora danno sfogo a tutto quello che di più tamarro si può trovare, ma è sempre tutto, tutto quanto, molto godibile. Una figata, insomma. Divertente. Incalzante.
Quasi, quasi, mi faccio la quindicesima data prima che questo tour finisca!
🙂
AGGIORNAMENTO: ebbene sì! Detto fatto. Ho la mia quindicesima data. Il 14 Settembre 2019 all’02 Arena, di Londra.
Vedere un concerto all’02 Arena ve lo consiglio calorosamente: la venue è stupenda, nuovissima, i seggiolini sono imbottiti, c’è un’acustica perfetta e la maniacale organizzazione inglese: niente code, mai. Nemmeno ai bagni. Nemmeno per entrare in metropolitana. I Muse sono stati strepitosi, e chicca delle chicche, hanno suonato THE VOID lasciando il pubblico ammutolito. Uno dei pezzi più rappresentativi dell’album. Un gran bello spettacolo.
Ora aspetterò che mi venga la giusta ispirazione per la mia sedicesima data.
🙂
La scaletta del 13 luglio:
Muse – The Void Live in O2 Arena – 14 Settembre 2019, London
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Uno spasso la tua recensione semi-seria. 😀 Anyway, sempre un grande piacere vederli dal vivo! Sono d’accordo sulle venue più piccole. Grandi Muse!