Quest’anno è stato un compleanno importante. Una cifra tonda, simbolica, che porta inevitabilmente con sé bilanci e nuove prospettive.
Per l’occasione ho deciso di fare un piccolo esperimento: ho tolto dai social la mia data di nascita.
Nessuna notifica, nessun promemoria, nessun messaggio automatico.
Così, nel giorno del mio compleanno, il mio profilo è rimasto — meravigliosamente — in silenzio.
Nessuno dei miei contatti su Facebook si è ricordato di farmi gli auguri.
Un vuoto quasi straniante, se paragonato alle valanghe di messaggi a cui siamo abituati, dove spesso la parola “auguri” si ripete centinaia di volte, senza nemmeno il tempo di provare a scrivere qualcosa di personale.
Eppure, mentre la bacheca restava vuota, il telefono ha squillato.
Le persone care hanno chiamato, voci vicine che hanno attraversato il silenzio.
Non una marea di notifiche, ma gesti semplici che mi hanno raggiunta davvero.
Quelle chiamate e quei messaggi hanno avuto un peso speciale, perché non sono stati suggeriti da un algoritmo, ma sono stati mossi da legami autentici e dalla memoria affettiva.
Allora mi sono chiesta: che valore hanno gli auguri? Ne abbiamo davvero bisogno, in quantità? O forse è più importante la capacità di pensare a qualcuno senza che sia uno schermo a ricordarcelo?
I social ci invitano a credere che la relazione possa svilupparsi attraverso un clic, che la vicinanza si misuri nel numero di “auguri” lasciati in bacheca.
Ma il giorno del mio compleanno ho scoperto che dietro il silenzio può nascondersi un messaggio prezioso: chi resta, chi si ricorda, chi sceglie di esserci senza notifiche.
Non servono cento auguri per sentirsi visti, basta la voce di chi ci tiene davvero a te.
E, in fondo, anche se non arrivano messaggi dagli amici virtuali, la vita non cambia!
Si sa chi ci vuole bene e chi no, e questo resta. Non che sia sbagliato: anch’io ho fatto auguri mediati da una notifica, e in quel gesto c’era comunque un pensiero, un filo che mi legava a qualcuno.
Ma serve davvero? Cambia qualcosa nella nostra vita? E in quella delle persone che ricevono centinaia di auguri? Io credo di no.
Forse è più importante non confondere il nostro valore personale con il numero di notifiche ricevute.
Non serve una folla digitale. Bastano poche voci, giuste, capaci di trasformare un numero tondo in un momento pieno.
I social ci regalano l’illusione della connessione, ma non danno valore né sostanza al tempo che passa.
La memoria del cuore non ha bisogno di algoritmi.
E in questo compleanno speciale ho ritrovato una verità semplice e luminosa: la differenza fra essere ricordati da uno schermo ed essere davvero pensati da qualcuno che ti ama.
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