Blackout mi ha conquistato fin dalla prima nota. Inizia lenta, con un assaggio di archi, un arpeggio di mandolino e un coro assonnato che ti guida in una danza lenta dell’anima. La voce dolce e vibrata di Mattew Bellamy entra morbida come zucchero che si scioglie sul fuoco, si trascina sulle note quasi appropriandosi del ritmo e e il suono degli archi scivola liscio come il pigro ruscello di un giardino zen.
Ci si trova nei pressi di un sogno. Sospesi nell’aria a lasciarsi cullare da questo ritmo lento, un valzer dell’etere, una musica del cuore.
Registrata agli Air Studios di Londra fra il 2002 e il 2003 è la nona traccia dell’Album capolavoro “Absolution”, pubblicato il 23 Settembre 2003.
Scritta e composta da Matt Bellamy, la canzone si snoda su un testo breve che parla del senso della vita, malinconica e speranzosa allo stesso modo, e gli archi sono il tema portante della canzone fino ad esplodere in un potente crescendo che ti si in fila nel cuore e ha il potere di allargartelo.
4 minuti e 22 secondi di puro godimento.
E quando pensi che sia finita ecco che il ritmo rallenta fino a quasi a spegnersi – ti manca quasi l’aria – un assolo di chitarra entra d’impatto su quel silenzio che ti schiaffeggia, ti sale dalla punta dei piedi fino al cervello, elettrizzandoti. La chitarra segue il tema musicale degli archi ed ad un certo punto si incontrano – scontrano dovrei dire – e percorrono insieme una salita di note che pare avere la capacità di farti toccare il cielo con un dito.
Matt Bellamy confessa che Blackout è “nata” in Italia, è stata ispirata dai certi suoni tipici e tradizionali e dalla potenza della musica operistica. “I spent a fair bit of time in Italy last summer and I think that track was influenced by some of the sounds I heard there – a combination of some of the folk music and some opera. The mandolin is a very traditional instrument there and it seemed like the right thing to go on that song”.
Personalmente è una delle mie canzoni preferite, anche se non è mai uscita come singolo. Sarebbe molto bello poterla sentire live con una vera orchestra a riprodurre e decuplicare l’intersità degli archi che si sente sul CD.
La prima performace live della canzone risale al 3 settembre 2003, ad Amsterdam , esattamente 20 giorni prima della pubblicazione dell’album.
Blackout live è molto spettacolare – generalmente la coreografia prevede una ballerina acrobatica sospesa ad un pallone aerostatico. Ma ovviamente quello che tutti aspettano a bocca aperta è l’assolo di chitarra che live è amplificato all’ennesima potenza, ti stordisce, ti immobilizza e alla fine ti lascia stremato a pensare: ma come diavolo ha fatto?.
Da riascoltare dieci, cento, mille volte. Un piccolo, grande, capolavoro.
© 2013 – 2014, Alessandra Gianoglio. All rights reserved.
Quello che penso davvero di #Blackout dei #Muse . La mia #recensione.
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