Non sono una fissata delle serie TV, e in Tin Star mi ci sono imbattuta per caso, una sera, e ci ho appoggiato gli occhi incuriosita, soprattutto per la splendida fotografia: la serie infatti è ambientata in una piccola città del Canada, e i laghi, le foreste e le montagne, che diventano anch’essi personaggi della serie, sono mozzafiato. C’è da un lato questa purezza di una Madre Terra incontaminata, e dall’altra parte cemento e operai che lavorano per la North Stream Oil, un’enorme raffineria che ha aperto proprio “in mezzo ai boschi” creando un contrasto visivo affascinate.
Per cui mi decido a guardare le prime due puntate, e alla fine, rimango a metà fra l’annoiato e il confuso: i personaggi mi sembrano un tantino stereotipati, il regista pare avere messo quelli buoni da una parte e quelli cattivi dall’altra. Anche se c’è qualcosa di questo film che mi affascina particolarmente: i dialoghi essenziali, la trama a tratti poco comprensibile, una colonna sonora d’eccezione e naturalmente l’attore protagonista Tim Roth che basta uno sguardo per farti cadere dalla sedia.
I personaggi buoni, infatti, “dovrebbero” essere il protagonista Jim Worth (Tim Roth), un poliziotto sotto copertura che sta scappando da un oscuro passato, e la sua famiglia, composta dalla moglie e dai loro due figli.
I cattivi, una banda di operai della North Stream Oil che vogliono farlo fuori, capeggiati da un improbabile ragazzino dalla faccia d’angelo, Whitey (Oliver Coopersmith).
La scena drammatica d’apertura è quella in cui Withey spara al protagonista, ma non riesce nel suo intento e per sbaglio uccide suo figlio, di appena 5 anni. Il proiettile colpisce anche sua moglie, che finisce in coma: le prime due puntate si chiudono con la disperazione del protagonista in cerca di vendetta e quella della figlia maggiore (Anna) appena adolescente che, improvvisamente sola, impaurita, trova rifugio nella protezione del padre poliziotto.
Per nulla entusiasta spengo la TV e il giorno dopo mi dimentico completamente di Tin Star: quando riaccendo la TV la serie è arrivata alla puntata 7 e 8.
Le prime scene mi stupiscono perché trovo la figlia maggiore Anna che ha una storia d’amore con Whitey (il ragazzo che ha assassinato il suo fratellino) e che non vuole più saperne di avere un rapporto con entrambi i genitori. Trovo la madre che, per difendersi da una città che sembra diventata ostile, si è ripresa dal coma e maneggia fucili come se fossero caramelle, e il protagonista che in balia dell’alcol va in giro a pestare motociclisti e indaga con metodi molto poco polizieschi sui lati oscuri della North Stream Oil, che sembra coinvolta in qualche modo con l’omicidio del figlio.
Insomma, Tin Star ha completamente cambiato il suo assetto e questo mi stupisce. Davanti ai miei occhi ho una serie che mi parla di vendetta, e lo fa senza mezzi termini, e un po’ mi ricorda quei film di mafia in cui non ci si accontenta di uccidere il proprio nemico, ma lo si fa in maniera plateale e molto, molto fisica, al limite del fastidio.
Ma, perchè mai, mi chiedo, Anna dovrebbe avere una storia d’amore proprio con Whitey e perchè non ne vuole più sapere dei suoi genitori?
Allora riguardo tutte le puntate precedenti, e credo che sia stata questo vedere al contrario la serie, che mi porta ad annoverarla tra una delle mie preferite. Perchè, sebbene le puntate 3,4,5 e 6 scorrano lente e a tratti confuse, senza chiarire le motivazioni della storia, quello che ammiro è che i personaggi abbiano avuto una sorta di evoluzione e il bene il male si confondano; i confini diventano sfocati, e alla fine ci si chiede: ma cosa diavolo ha fatto questo poliziotto a questa povera banda di operai che lo vuole morto?
Capisci che c’è qualcosa di potente dietro alla storia che deve ancora essere svelato.
A questo punto, nonostante il modo di agire di Tim Roth al limite dell’umano, nonostante si capisca che nasconda una doppia personalità, si continua a rimanere affezionati a lui, perchè è un padre di famiglia che vuole vendicare la morte del figlio, ma si comincia anche ad avere pesantemente il dubbio che nasconda davvero un passato imperdonabile.
Tin Star, nel finale di stagione, le puntate 9 e 10, ha il potere di farti completamente allontanare dal personaggio principale. E’ una cosa che, perlomeno personalmente, mi è capitata raramente.
L’eroe, il protagonista assoluto, che diventa in un istante un antierore e mentre la serie si dipana davanti ai tuoi occhi con la classe e il ritmo di un film d’azione che racconta però una storia importante, improvvisamente ci si ritrova dalla parte di Whitey, con tutte le riserve del caso, ma le sue motivazioni dventano comprensibili, umane, reali. Tanto che si rimane con il fiato sospeso per due ore in attesa del finale che comunque non delude. Anzi, rappresenta anch’esso l’evoluzione di un personaggio: Anna.
Anna sembra la classica ragazzina innocente, paurosa del mondo, insicura, ma durante le puntate prende forza e lo fa in maniera coerente, c’è una crescita realistica nel suo modo di agire e pensare.
Le donne in generale di questa serie sono delle co-protagoniste d’eccezione: a partire da Christina Hendricks, che nel film impersona Elizabeth Bradshaw, una manager della North Strem Oil. Il suo personaggio è circolare: prima difende strenuamente l’azienda per cui lavora, poi si rende conto che i giochi sporchi della raffineria hanno anche ucciso delle persone innocenti, per cui, contro tutti e tutto, decide di indagare e alla fine riesce ad avere la meglio e a prendere il potere. Siamo tutti dalla sua parte, ci sembra una vera eroina, ma appena prende il potere, si trasforma ancora una volta in aguzzino, minacciando le persone che fino a poco prima aveva difeso a costo della sua vita.
Così anche Angela Worth, la moglie del protagonista: sembra un’ingenua madre di famiglia nelle prime due puntate, e poi durante la serie si evolve e diventa la mente dietro il braccio delle ripetute violenze del marito, e quasi il protagonista perde d’importanza, diventando un burattino fra le sue mani.
E infine Anna, che da agnello si trasforma in leone e preme il grilletto per tentare di ristabilire ordine nel caos surreale che è diventata la sua vita e quella che credeva una famiglia, e se ci sia riuscita a meno lo sapremo con la seconda serie già in lavorazione.
Se avete già visto Tin Star, probabilmente non proverete molta emozione guardandola al contrario, ma se non l’avete ancora vista, e volete giocare un po’, provate a vedere questa serie al contrario: non ne resterete delusi! Buona visione!
(Guardate quindi: la puntata 1 e 2. Poi la 7 e la 8. Poi la 3,4,5,6 e poi, il magnifico crescendo del finale, ovvero le puntate 9 e 10.)
© 2017, Alessandra Gianoglio. All rights reserved.
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