la scrittura creativa e gli 883

La verità nella scrittura creativa: imparare dagli 883

Tempo di lettura: 3 minuti

Avete mai ascoltato davvero i testi degli 883? Intendo ascoltarli con l’anima, non solo con le orecchie.

Max Pezzali, con la sua capacità di raccontare frammenti di vita quotidiana, ci porta nel suo mondo, ma finiamo sempre per ritrovarci nel nostro!

Ed è esattamente ciò che cerchiamo di fare anche noi con la scrittura, ogni volta che ci sediamo davanti a una pagina bianca per scrivere una storia.

Pensateci: quante volte avete letto o scritto qualcosa che sembrava autentico, vero, e proprio per questo vi ha colpito nel profondo? Gli 883 hanno costruito la loro carriera cantando le loro verità, senza troppe maschere. E questo non vuol dire che abbiano raccontato tutto di sé, ma che ogni parola, ogni immagine, ogni emozione che hanno condiviso è partita da un luogo autentico dentro di loro.

Dire la verità quando si scrive

Quante volte, da scrittori, ci siamo bloccati di fronte all’idea di dover essere “originali”, “geniali” o “innovativi”? È un’ossessione comune, ma spesso ci dimentichiamo che la scrittura migliore non è quella che cerca di stupire, ma quella che cerca di essere VERA. Gli 883 ce lo insegnano in ogni strofa.

Pensiamo a “Gli anni”, quel canto nostalgico dove per esprimere malinconia non viene ami usata la parola malinconia, o tristezza, o solitudine. Queste emozioni si sentono, le proviamo dentro di noi mentre ascoltiamo la canzone!

Max Pezzali parla esclusivamente per immagini, (usando, forse senza esserne consapevole, magistralmente la tecnica dello Show dont tell ) e ci fa vedere e sentire le storie del suo vissuto personale, di amici, sogni, delusioni e primi amori.

Max Pezzali non ci racconta una favola, ci racconta un pezzo di sé, e proprio per questo noi possiamo riconoscerci nelle sue parole. La semplicità è il suo punto di forza: è sincera, non cerca di impressionare, ma di connettere.

Ora, fermiamoci un attimo: nelle nostre storie, quanto di noi stiamo davvero mettendo? Stiamo raccontando qualcosa di noi, che conosciamo, che ci appartiene?

La paura di scoprirsi

In questi mesi si parla molto della serie TV che racconta la storia degli 883 e devo dire che mi ha stupito molto.

E’ scritta davvero bene (ho trovato tante idee su come impostare la linea temporale di un romanzo) ed è anche spassosa.

Ma ciò che ho visto nella terza o quarta puntata, ovvero quando i due protagonisti capiscono dopo tanti tentativi che nelle loro canzoni devono raccontare la VERITA’, ha del commovente.

Scrivere la nostra verità può fare paura. A volte, sembra più facile inventare mondi lontani o personaggi che non ci somigliano affatto. Ma, alla fine, quei mondi e quei personaggi funzionano solo se hanno radici nelle nostre esperienze e nelle nostre emozioni.

Max Pezzali, con gli 883, ci ha mostrato che non serve nascondersi dietro metafore complicate per comunicare. Pensate a una canzone come “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”: una metafora sì, ma una che riflette un sentimento reale, quello di vedere il proprio mondo crollare. È una canzone che parla di delusione, di perdita dell’innocenza, di disillusione. E lo fa con un linguaggio diretto.

Da scrittori, ci viene chiesto lo stesso: trovare il coraggio di dire qualcosa di vero, anche quando fa paura. Anche quando ci sentiamo vulnerabili.

Trovare l’universale nel personale

La musica degli 883 è radicata in un contesto molto specifico: l’Italia degli anni ’90, con i suoi bar di provincia, le feste di paese e i motorini rumorosi. Eppure, anche oggi chi ascolta le canzoni riesce a ritrovarsi.

Perché? Max Pezzali non ha mai cercato di raccontare qualcosa che non conosceva. Ha scritto di ciò che viveva e vedeva attorno a sé. La sua autenticità ha permesso alle sue storie di superare i confini del tempo e dello spazio.

Non ascolteremmo Max Pezzali se se le sue canzoni non fossero così vere. Testi che riescono a trovare l’universale nel proprio vissuto personale.

Come scrittori, possiamo fare lo stesso. Quando scriviamo di ciò che conosciamo – delle emozioni, dei dettagli, delle esperienze che ci sono familiari – le nostre storie acquisiscono una forza che non può essere imitata. Anche se parliamo di personaggi inventati o di mondi fantastici, ciò che li rende vivi è la nostra verità.

Qual è quell’aspetto della tua vita che ti ha segnato e che potrebbe diventare la scintilla di una storia? E non deve essere per forza qualcosa di drammatico o eccezionale. Gli 883 ci hanno insegnato che anche le cose più semplici – una serata in discoteca, un’amicizia perduta, un viaggio in motorino – possono diventare potenti, se raccontate con autenticità.

Max Pezzali non ha mai cercato di essere “cool” o alla moda nei suoi testi. Ha semplicemente raccontato quello che era, e il pubblico ha risposto con amore. Non tutti ameranno le nostre storie, ed è normale. Ma se scriviamo con onestà, troveremo sempre qualcuno che si riconoscerà in esse.

Spesso, le storie migliori nascono da ciò che portiamo dentro, lavoriamo per trovare le giuste parole e immagini per esprimerlo.

Sii onesto con te stesso. Sii coraggioso. Racconta la tua verità, perché è lì che si nasconde la forza della scrittura. I lettori non hanno bisogno di storie perfette MA DI STORIE VERE.

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